Da "MY FAVORITE THINGS" - John Coltrane -

É tempo di raccolta per John Coltrane. Quindici anni di coscienziosa e saggia rotazione hanno dato un raccolto eccezionale. Quindici anni di professionalità nel suonare il sax, lo hanno portato dal debutto a Philadelphia con una piccola band che si esibiva nei bar, a questo disco realizzato dal suo quartetto, passando per le bands di Eddie Vinson, Johnny Hodges, Miles Davis e di Thelonius Monk.

Naturalmente iniziò molto prima di allora. Nato ad Hamlet, nello Stato di New York, il 23 Settembre del 1926, John visse nell’ambiente musicale fin da bambino, in quanto suo padre suonava per hobby, parecchi strumenti. Iniziò a studiare la tromba, quindi il clarinetto, per poi passare, durante le scuole superiori, al sax contralto. Voleva assolutamente suonare il sax tenore ("Lester Young fu il mio primo idolo"), ma gli amici di sua madre le suggerirono di comperargli un sax soprano perché supponevano che fosse più facile per un giovane tenere tra le mani un sax di dimensioni più piccole. ("Johnny Hodges influenzò molto il mio modo di suonare il sax tenore, e ancora adesso è migliore di me").

I suoi studi musicali proseguirono agli Granoff Studios e alla Ornstein School of Music, entrambe a Philadelphia. E, poiché nel 1945 il sax soprano lo portò a suonare in una band che faceva spettacoli nei bar, per un anno si esibì in una formazione della Marina Militare nelle Hawaii, e nel 1947 nella band di Eddie Vinson ("Da quel momento il mio punto di riferimento sarebbe stato Charlie Parker").

Vinson assunse Coltrane per suonare il sax tenore ("Mi si rivelò un campo di ascolto molto vasto"). John scoprì, come fecero molti altri, che nessun sassofonista tenore era stato in grado di dominare l’intero campo come aveva fatto Parker con il sax contralto. C’erano invece molti musicisti a cui avrebbe potuto ispirarsi. Da Lester Young imparò la "naturalezza", e "qualcosa un po’ da tutti... C’erano parecchie cose gradite alla gente che Hawk, Ben e Tab Smith stavano facendo negli anni Quaranta, che io non capivo, ma che suscitavano in me emozioni".

Nel 1948, proprio prima di unirsi a Dizzie Gillespie, John suonò con il gruppo di Jimmy Heath a Philadelphia. Sebbene ammetta con sincerità che fu all’inizio stimolato dalle esplorazioni musicali di Parker e Gillespie, fu con Heath che la sperimentazione iniziò a prendere forma ("Le nostre inclinazioni musicali coincidevano"). Per quanto riguarda la struttura musicale, Heath ne sapeva di più di Coltrane, e la loro amicizia unita alla collaborazione professionale contribuì considerevolmente allo sviluppo di John.

Dopo aver lavorato con la big band e il piccolo gruppo di Gillespie, Coltrane si unì nel 1952 a Earl Bostic ("Un musicista molto dotato"). ("Mi fece conoscere un sacco di cose sul sax"). Un anno dopo, Johnny Hodges lo assunse ("Mi piaceva davvero quel lavoro... Niente era superficiale; tutto aveva un senso, e dava movimento a tutto"). In più, John stava completando la sua istruzione musicale, imparando direttamente dal passato un’arte per la quale è portato ("Ho già rivolto l’attenzione a Sidney Bechet").

Nel 1955 si unì a Miles Davis per due anni, abbandonando la collaborazione con Thelonius Monk ("da lui, imparavo in qualsiasi modo"). Monk rispondeva alle domande di numerosi musicisti ("Mi diede le risposte semplicemente suonandomele... Monk fu uno dei primi ad insegnarmi a fare due o tre note contemporaneamente col sax tenore").E questo fu l’inizio di una parte di quello splendido approccio che Ira Gitler chiamò "le distese del suono", e che altri critici hanno condannato come "solo un mucchio di scale" che divenne lo standard di Coltrane quando, a partire dal 1958, tornò a suonare con Miles Davis.

Lo stile di Miles si, stava sviluppando, diventando sempre più selettivo ed intenso ("La musica di Miles mi ha dato molta libertà"). Ripensando a quel periodo, John ricorda che stava "cercando un suono più pieno". Fu così che col tempo, vennero fuori quelle veloci battute create per quelle "distese di suono". In più, stava accostandosi ad accordi terzinati: "allora, la tendenza era quella di suonare l’intera scala di ogni accordo. Quindi, venivano suonati velocemente, e talvolta sembravano quasi glissati". Lo sviluppo spontaneo, frutto delle sue varie esperienze musicali e della rigorosità, assumeva un aspetto ben definito laddove poteva essere criticato. Fu criticato, e lo fu duramente, in parte perché, come lui stesso vuole sottolineare "Non ero riuscito a staccarmene come avrei voluto", ma soprattutto perché stava affrontando un terreno inesplorato, e non importava a nessuno quali studi, scuole ed esperienze avesse fatto.

Questo è l’elemento primario in Coltrane; l’imprevisto. Questo è ciò che permette di seguirlo, il che non sempre è un’impresa facile per l’ascoltatore indifferente, ma che diventa una ricca esperienza per coloro che sono veramente in sintonia con lui.

L’imprevisto è funzionale alla sua auto-valutazione e garante di un costante sviluppo ("Devo continuare nella ricerca. Sento che sono solo all’inizio. Sono riuscito a capire parte di quello che sto cercando, ma non tutto"). Imprevista anche l’aggiunta del sax soprano, lo scorso febbraio, alla lista degli strumenti da lui suonati ("Mi permette di esprimermi diversamente nelle improvvisazioni; è come se avessi un’altra mano").

Non è l’imprevisto, bensì il carattere di quest’album che ha permesso a John di fare dei passi avanti in questi ultimi quindici anni, e in questa sede voglio affermare che, mentre l’intero dipende sempre dalla somma delle parti di cui è costituito, alcune di queste sono più fredde e insensibili di altre, e che John Coltrane è diventato una realtà, molto più di quanto le sue pregevoli parti che lo compongono potrebbero suggerire.

Con la nascita del suo gruppo nel 1960, che potete ascoltare in questo disco (con l’eccezione del nuovo batterista Elvin Jones), John diventa più duttile. Poiché c’era stata carenza di varietà, egli decise di essere più movimentato; per assicurare ciò, scelse il materiale con cura, e con la stessa attenzione scelse gli elementi della band. Il pianista McCoy Tyner è un musicista dotato di un’estrema intuizione nell’accompagnamento, un solista di rara abilità nel saper comprendere l’essenza della melodia. Il bassista, Steve Davis, l’elemento più sottovalutato, è l’anima della forza e del gusto. Il batterista, Elvin Jones, è ricco di inventiva e ritmicamente energico. Assieme, accompagnano Coltrane con precisione, ordinatamente, talvolta con contrattempi, sempre vibranti e mai sdolcinatamente. Per quanto riguarda le variazioni, si possono osservare: il contrasto tra il brano che dà il titolo all’album, il sax soprano dal sapore medio-orientale in un rigoroso tempo waltz, con la "Every Time We Say Goodbye" di Cole Porters, rende evidente di quanto John sia ovviamente più interessato ai versi che alla melodia; o il contrasto con il vivace tempo delle incisioni del secondo lato di questo disco. A ciò bisogna aggiungere gli assoli di Tyner nei primi due brani, la particolare intensità di Davis nel secondo, il suo assolo in Summertime, ed Elvin Jones in tutto il disco. Il raccolto, come potete vedere, è un insieme di meraviglie che troverete brillare in My Favorite Things.

—Bill Coss

 

Torna a John Coltrane

Torna all'elenco